domenica 24 aprile 2016

Quel fantastico peggior anno della mia vita - 2015

Se siete degli assidui lettori avrete sicuramente notato che negli ultimi anni la sezione "Giovani adulti" nelle librerie (vere o virtuali che siano) si è ingrandita in maniera esponenziale. Il fenomeno deve le sue origini alla fortunata saga del maghetto Harry, che ha raggiunto i lettori di ogni fascia d'età, ma in special modo gli adolescenti. Da lì è cominciato il boom di storie fantastiche, con quel pizzico di romanticismo per accontentare gli adolescenti in tempesta ormonale di entrambi i sessi. La letteratura per giovani adulti esisteva ben prima di Harry Potter, ma mai nessuno aveva pensato che potesse rappresentare una miniera d'oro. Al giorno d'oggi la categoria può vantare romanzi di qualunque genere, dalla fantascienza all'apocalisse zombie, fino ad arrivare a quegli innominabili pastrocchi amorosi tra esseri umani e patetiche brutte copie degli immortali succhiasangue.
E fin qui, tutti d'accordo. Ma come mai questo lungo excursus sulla letteratura per giovani adulti? Perché quando finalmente Twilight giunse al termine, e tutti noi si sperava che venisse dimenticato il più in fretta possibile, ecco comparire una nuova storia d'amore per adolescenti, questa volta con due malati terminali di tumore come protagonisti. La prima volta che sentii parlare di Colpa delle stelle nel 2014, il mio animo cinico pensò: "Questi non sanno più cosa inventarsi per vendere: prima erano i vampiri, poi il sadomaso, e adesso il cancro".
E, sempre perché il cinismo non è mai troppo, la prima volta che mi sono imbattuto in Quel fantastico peggior anno della mia vita l'anno scorso, non ho potuto fare a meno di pensare: "Oh guarda, il tumore ha fatto scuola; ora escono pure le imitazioni!"
E mi sbagliavo. Eccome se mi sbagliavo.
Preparate i fazzoletti: ecco la mia recensione di uno dei film più ingiustamente ignorati degli ultimi tempi.
(NB: Colpa delle stelle è un bel film, non date ascolto al mio cinismo, ché ogni tanto spara cazzate.)

La versione recensita è quella distribuita in Germania.
Notare come il titolo in tedesco non menzioni per nulla
il fatto che Rachel sia una malata terminale.
Beh, anche il titolo in italiano se è per quello!
COSA SUCCEDE DURANTE IL FANTASTICO PEGGIOR ANNO DELLA MIA VITA

Greg sta per cominciare l'ultimo anno di liceo; al contrario di tutti gli altri suoi compagni, il ragazzo non vuole sentirsi parte di alcun gruppo, fa l'amicone di tutti mentre in realtà non è amico di nessuno, e il suo unico obiettivo è quello di mantenere un profilo più basso possibile. Greg condivide una passione sfrenata per i film con il coetaneo Earl (sebbene Greg si guardi bene dal definirlo "amico"); nel corso degli anni i due ragazzi hanno realizzato numerose affezionate parodie dei loro autori preferiti, da Luchino Visconti ad Akira Kurosawa, passando per Alfred Hitchcock e Martin Scorsese, tanto per citarne alcuni. Inutile a dirsi, questi omaggi/parodie sono delle schifezze immonde, per diretta ammissione di Greg ed Earl.
L'ultimo anno di liceo è appena cominciato, quando Greg viene a sapere che una delle sue compagne, Rachel, si è ammalata di leucemia; il ragazzo è costretto da sua madre ad andare a far visita a Rachel e tirarla su di morale. Greg è ovviamente contrario, tuttavia non può far altro che obbedire all'ordine. Una volta giunto all'abitazione di Rachel, Greg scopre che la sua compagna non è quella ragazza noiosa che aveva sempre immaginato; al contrario, Rachel è simpatica, intelligente, ed è davvero un piacere starle accanto. Nel giro di pochi giorni i due diventano amici; grazie a Rachel, pian piano Greg si libera di quell'apatia che lo aveva accompagnato per anni, e diventa una persona capace di esprimere un'opinione e prendere decisioni.

Me and Earl ci regala alcune vedute del liceo di Greg ai limiti del surreale.
COMMENTIAMO IL FANTASTICO PEGGIOR ANNO DELLA MIA VITA
E' fin troppo facile liquidare questo titolo come "imitazione del ben più celebre Colpa delle stelle"; in effetti le due pellicole presentano numerosi punti in comune, a cominciare dal fatto che sono entrambe degli adattamenti cinematografici, usciti a poca distanza l'uno dall'altro, e i loro soggetti originali sono due romanzi pubblicati pressoché in contemporanea! E poi ci sarebbero anche i temi trattati che appaiono davvero simili: giovani vite destinate a scomparire ben prima del previsto a causa di un male incurabile e spietato. Se osserviamo più da vicino, però, scopriamo che Quel fantastico peggior anno della mia vita (d'ora in poi abbreviato in Me and Earl, in riferimento al titolo originale Me and Earl and the Dying Girl) in realtà si discosta dal suo predecessore sotto diversi aspetti.
Innanzitutto, non è una storia d'amore adolescenziale. Niente baci, niente dichiarazioni di amore eterno su WhatsApp, niente scene imbarazzanti su come i nostri protagonisti perdano la verginità, niente di tutto questo: Me and Earl è essenzialmente il racconto della crescita interiore di un diciottenne dotato di grande intelletto e scarsissima autostima.

Me and Earl utilizza spesso le didascalie per sottolineare il trascorrere del tempo. Notare come la lente riesca a dilatare la stanza di Rachel, creando l'illusione che i due ragazzi siano ben più distanti di quanto non lo siano in realtà.
In secondo luogo, è un film che parla di altri film, di altri autori, di altre storie, in un continuo susseguirsi di omaggi più o meno velati. Per gli appassionati di cinema diventa uno spasso cercare di cogliere ogni singolo riferimento, un po' come era accaduto con The Dreamers di Bertolucci qualche anno fa (niente rapporti incestuosi ogni due per tre in questo caso, però).
Ma mettiamo pure da parte la "caccia alla citazione", che al massimo è un contentino per quei poveri pazzi che si scofanano una pellicola dietro l'altra (presente!), ma che certamente non può convincere il grande pubblico a dare a questo film una chance.
C'è una terza ragione per amare Me and Earl: è un film intimo, quasi un diario personale, dove il regista e gli attori annotano giorno per giorno le proprie sensazioni e i propri pensieri. E' incredibilmente difficile spiegarlo a parole, bisogna vedere il film in azione per apprezzarne la profondità e l'introspezione. Guardate come la macchina da presa tallona i ragazzi nelle scene più concitate, o come invece saltelli da un personaggio all'altro durante i dialoghi a botta e risposta; o ancora, le lunghe carrellate tra i due protagonisti durante i primi giorni di "forzata" amicizia, i piani sequenza interminabili nei momenti chiave della storia... e tanto, tanto altro ancora.

Greg e Rachel fanno visita al paradiso dei cinefili: un negozio di DVD traboccante di film provenienti da tutto il mondo.
E in primo piano, un omaggio allo Studio Ghibli.
Me and Earl è un film per adolescenti che osa moltissimo, sia dal punto di vista della trama (niente storia d'amore in vista, lo ripeto), sia dal punto di vista del linguaggio cinematografico; ma lo fa con un'umiltà e una leggerezza tali che inizialmente non ce ne rendiamo nemmeno conto. Regista e attori mettono in scena tutta la loro vulnerabilità, si presentano per quello che sono, e ci rivelano le loro gioie e le loro paure; ma lo fanno in silenzio, quasi di nascosto. E ci portano gradualmente nel loro mondo, tanto che alla fine del film siamo tutti diventati amici di Greg, Earl e Rachel.

Greg ed Earl si gustano un gelato assieme a Rachel dopo aver inavvertitamente pranzato con dei biscotti alla marijuana.
Greg non sembra gradire gli effetti.
Come tante opere all'apparenza meravigliose, anche Me and Earl non è privo di difetti e presenta le sue crepe sui muri sparse qua e là. Questo film fallisce miseramente nel caratterizzare il mondo degli adulti, tanto che mi viene da pensare che sarebbe stato molto meglio se la pellicola avesse raccontato la storia solamente dal punto di vista dei ragazzi lasciando i genitori completamente al di fuori della cornice narrativa.
Il motivo è molto semplice: gli adulti di Me and Earl non sono credibili, punto. La madre di Greg è una quarantenne moralista senza spina dorsale, mentre il padre, professore universitario, è un orso lunatico completamente incapace di sostenere qualsiasi interazione sociale. Con genitori del genere, mi stupisco che Greg sia riuscito ad arrivare ai diciott'anni mantenendo la stabilità mentale.
C'è poi lui, il mastro sborone in persona: il professor McCarthy, insegnante di storia al liceo di Greg, che vuole fare il "ggiovane" a tutti i costi. Guardatelo nell'immagine qui sotto: la scarpa sul tavolo, le braccia tatuate, il fisico palestrato, il risvolto dei pantaloni... ma dove l'hanno pescato questo? Ok che il copione richiedeva il professore "alternativo", ma c'era davvero bisogno di ricorrere a tutti gli stereotipi del caso?

Senza parole. Tutto il cattivo gusto del mondo riunito in un sol uomo.
Adulti ridicoli a parte, Me and Earl è un titolo che ha un sacco da dire e che merita assolutamente una visione. Cercatelo, passate due ore in compagnia di Greg e Rachel e, come dicevo all'inizio, preparate i fazzoletti.

IN CHE LINGUA LO GUARDO?
La versione che possiedo non contiene il doppiaggio italiano, per cui mi trovo in difficoltà a rispondere a questa domanda. Posso soltanto giudicare il trailer, fortunatamente disponibile su Youtube. Una piccola nota: se siete interessati a questo film, non guardate il trailer in italiano perché rovina un sacco di scene (oltre a non rendere per nulla giustizia alla colonna sonora originale di Brian Eno); cliccate sul trailer in inglese di sotto, piuttosto, che è molto più rispettoso da questo punto di vista. Se invece avete già deciso che Me and Earl non vi interessa, allora guardatevi pure il trailer in italiano qui e rabbrividite insieme a me.
Se hanno mantenuto le stesse voci del trailer, allora non posso fare a meno di dire che sono completamente inadeguate, specialmente nel caso di Earl e Madison, la ragazza di cui Greg è innamorato.

Una delle numerose parodie realizzate da Greg ed Earl: Arancia meccanica in versione calzini bianchi.
Earl in originale è un ragazzino cresciuto per strada, e la sua inflessione ruvida rispecchia in modo irreprensibile il genere di educazione che ha ricevuto. Tutto ciò si perde nella sua controparte doppiata: l'Earl italiano sembra più uno psicologo in erba, assolutamente inascoltabile. A Madison invece hanno affibbiato una voce che starebbe benissimo alla nuova presentatrice di Ok, il prezzo è giusto!, di certo non a una liceale diciottenne. Inascoltabile pure lei.
Non ho alcun mezzo (legale) per scoprire se il doppiaggio del trailer sia effettivamente anche quello del film, ma temo proprio che lo sia. Per questa ragione, vi consiglio di stare alla larga dalla versione italiana e di godervi Me and Earl nella sua versione originale.

Rachel in un momento di sconforto si allontana da Greg, durante una delle sequenze più lunghe e drammatiche dell'intera pellicola. Di nuovo, la lente dilata le dimensioni della stanza tanto che i due ragazzi sembrano posti su due piani differenti.
VOTO
8 meno. Se non fosse per la caratterizzazione ridicola degli adulti questo film prenderebbe di sicuro un voto più alto. In ogni caso, Me and Earl rimane un piccolo gioiello che purtroppo non si è filato nessuno. Rendete giustizia a questo titolo e sparatelo adesso sul vostro televisore, computer, tablet, quello che volete. Vi assicuro che saprà stupirvi.

domenica 10 aprile 2016

Cloverfield - 2008

Dopo tre settimane di rischi indicibili e traversie innumerevoli, eccomi di nuovo qua con una nuova recensione!
Quest'oggi parliamo del predecessore di 10 Cloverfield Lane; me lo ricordo come se fosse uscito l'altro ieri e invece ha già otto anni sul groppone. Ecco a voi Cloverfield, la vicenda di un mostro marino che rade al suolo Manhattan, interamente documentata da un cameraman amatoriale.
Lo stile è quello di The Blair Witch Project o L'ultimo esorcismo, tanto per intenderci; tutto girato in prima persona con una telecamera portatile, e una domanda tanto ovvia quanto senza risposta: ma perché cazzo questi qua continuano a girare perfino quando sanno benissimo che stanno per essere afferrati/tramortiti/sbudellati dal cattivo di turno? L'istinto di sopravvivenza non vale per questi tizi? Ma chi ve lo fa fare di continuare a documentare il tutto? Buttate la telecamera a terra (o meglio ancora, scagliatela contro il vostro inseguitore) e fuggite a gambe levate!
Anche Cloverfield, pur con la supervisione del mio idolo J.J. Abrams, cade vittima del paradosso del cameraman, come potrete ben convenire se avete visto il film. E se invece non l'avete ancora guardato, leggetevi queste poche righe qui di seguito e decidete se ne vale la pena o meno.
E adesso, la trama.

La copertina del Blu-ray tedesco in tutto il suo bruttume.
COSA SUCCEDE IN CLOVERFIELD
Rob sta trascorrendo una (relativamente) piacevole serata in compagnia dei suoi amici, i quali hanno organizzato per lui una festa a sorpresa in occasione del suo imminente trasferimento in Giappone. L'atmosfera gioviale viene tuttavia interrotta da un improvviso black-out, a cui si susseguono violente esplosioni che devastano il quartiere di Manhattan, dove Rob e i suoi amici stanno festeggiando. Gli abitanti si riversano per le strade in preda al panico, mentre le forze di polizia invitano chiunque a evacuare il quartiere il prima possibile. In quel mentre Rob riceve una telefonata da Beth, amica di lunga data nonché ragazza di cui è innamorato; Beth racconta di essere bloccata nel suo appartamento, situato proprio nel centro di Manhattan, e di essere gravemente ferita.
Rob ha una vaga idea di che cosa stia accadendo: Manhattan è sotto assedio e l'esercito sta combattendo con tutti i mezzi a disposizione contro una creatura mastodontica che sta radendo al suolo l'intero quartiere. Nonostante ciò, il giovane, insieme a un gruppetto di amici che era con lui alla festa, decide di raggiungere il palazzo in cui abita Beth nel disperato tentativo di portarla in salvo.

Una delle poche scene "fisse" durante la festa d'addio di Rob.
Forse perché il nostro cameraman ha una cotta per la ragazza seduta sullo sgabello?
COMMENTIAMO CLOVERFIELD
Se prendiamo per vero quanto ci racconta J.J. riguardo la genesi di questo film, il tutto nasce da un viaggio in Giappone durante il quale il nostro amico si meraviglia del fatto che ancora oggi Godzilla sia estremamente popolare nel paese del Sol Levante, nonostante siano passati più di cinquant'anni dalla sua comparsa sul grande schermo. Con trenta film sul groppone, videogiochi, giocattoli e tutto il merchandising possibile e immaginabile, la fama del mostro radioattivo sembra più viva che mai.
Cosicché a J.J. viene in mente di realizzare una sorta di Godzilla statunitense, nella speranza di duplicare la ricetta di successo e dare vita a una lunga serie. Dato però che il mostrone di Cloverfield nasce e muore (spoiler: solo in senso metaforico) con questa pellicola, possiamo dire che la ricetta ha perso qualche ingrediente essenziale per strada. Bisognerà ora vedere come proseguirà la serie con l'impronta che le ha dato 10 Cloverfield Lane. In ogni caso, tralasciando le speculazioni, come film stand-alone Cloverfield è un buon prodotto oppure no?
La mia risposta è: bah.

Yaaaaaayyy! Esplosioni, luci, panico!!!
Il film è un grandioso esercizio di stile, dove la tecnica è maestra indiscussa e il sentimento è relegato in un angolino. Vi do qui un esempio pratico: come dicevo agli inizi, Cloverfield è interamente girato in prima persona da uno degli amici di Rob, il quale non è un cameraman professionista: ciò significa che numerose sequenze risultano essere instabili e/o fuori fuoco. In realtà il film è girato da operatori esperti che fingono di riprendere come se fossero dei dilettanti; il risultato è sicuramente convincente, e l'impegno dimostrato dai vari operatori è davvero encomiabile. Tuttavia il concetto sa più da curiosità da "dietro le quinte" che altro, è un plus che va a favore di chi ha lavorato a questo film e nulla più. Anzi, a quanto sembra, molti spettatori non hanno apprezzato l'eccessivo realismo di una telecamera sempre traballante; alcuni di essi hanno perfino accusato nausea e vertigini mentre assistevano alla proiezione.
Mammolette. Cloverfield si lascia guardare senza problemi, datemi retta. Se proprio mi devo lamentare di qualcosa, devo dire che non è stato facile catturare delle schermate che fossero a fuoco. Ma a parte questo, assicuro nuovamente che la visione non provoca malori di alcun tipo. A meno che non soffriate di mal d'auto anche quando siete voi stessi alla guida.

Fate ciao con la manina alla Statua della Libertà. A essere pignoli, la computer grafica è piuttosto deludente.
Esattamente come The Blair Witch Project, Cloverfield è il prodotto finale di una lunga e martellante campagna di marketing, nella quale si svelava poco o nulla del contenuto effettivo del film, ma che contribuiva a suscitare interesse e a mantenerlo costante. Ed esattamente come The Blair Witch Project, Cloverfield si apprezza molto meglio se lo colleghiamo alla campagna pubblicitaria che ha preceduto la distribuzione della pellicola. Perché di per sè Cloverfield non è altro che la riproduzione su grande schermo di un filmato girato da un ventenne che documenta la distruzione di Manhattan. Non ci sono un inizio e una fine ben precisi, è tutto un immenso in medias res: se tu, spettatore, non hai vissuto il marketing sulla tua pelle nel 2008, questo film avrà per te lo stesso impatto che hanno i filmini delle vacanze dei tuoi amici. Belli, ma tu non c'eri, quindi chettefrega?
In poche parole, Cloverfield come esperienza vissuta nel 2008 aveva un suo perché; invece, come film a sè stante per il mercato home-video ha meno senso di esistere.
Non c'è nulla che non funzioni, sia ben chiaro: il film è girato in maniera magistrale, gli attori sono credibili e la trama non è mai noiosa. Ah, la questione riguardante il "paradosso del cameraman" accennata agli inizi non influisce sul mio giudizio finale, perché in ogni caso in questo genere di film il cameraman è un completo idiota, e noi spettatori non possiamo fare altro che prenderne atto e gioire silenziosamente nel momento in cui verrà fatto fuori dal cattivo/mostro di turno.
In ogni caso, l'impressione finale è più quella di un esercizio di stile che non quella di un film realizzato col cuore.

Una telecamera a Manhattan che riprende una TV che riprende Manhattan.
Molto più comodo e pratico che uscire dal negozio e riprendere in prima persona, no?
IN CHE LINGUA LO GUARDO?
Ah beh, in inglese senza alcun dubbio. La versione italiana non fa schifo, ci mancherebbe; è solo che la separazione dei canali audio è pressoché nulla. In altre parole, se in inglese avete sempre una chiarissima idea del luogo di provenienza di un certo suono o una certa voce, che sia davanti a voi, dietro di voi, alla vostra destra o alla vostra sinistra, in italiano questo effetto manca del tutto. Aggiungiamo pure che in Cloverfield il suono è una componente essenziale per creare l'atmosfera di tensione che si respira per l'intera durata del film, per cui se manca il suono manca anche la tensione, e voi non avete più alcun motivo per guardare questo film.

La traduzione in italiano è discreta; nulla di eclatante ma fa il suo dovere. Ho trovato un unico errore grossolano, nella scena in cui Rob cerca di chiamare un ascensore il quale, a causa del black-out, non ha la benché minima voglia di funzionare. La sua amica Lily allora gli suggerisce:

Why don't you take the stairs?

che in italiano diventa

Non vorrai usare le scale?

quando in realtà sarebbe

Perché non prendiamo le scale?

In pratica, la Lily americana propone un'alternativa all'ascensore, mentre la Lily italiana si stupisce che Rob voglia farsi una serie di piani a piedi.
In ogni caso, la scena a cui questo dialogo si riferisce non è rilevante ai fini della trama, quindi si può tranquillamente chiudere un occhio. Mi sembra comunque davvero strano che durante la traduzione nessuno se ne sia accorto. In ogni caso, c'è ben di peggio.
Super-riassumendo, lasciate perdere il doppiaggio italiano e godetevi Cloverfield in inglese: vi assicuro che le vostre orecchie vi ringrazieranno.

Sì, Beth abita lassù, in quella che ora è diventata la Torre di Pisa a New York.
VOTO
Dal 6 al 7. Cloverfield rimane un ottimo prodotto dal punto di vista tecnico: se siete appassionati di cinema, e soprattutto di tecniche cinematografiche, dovete concedergli una visione. Ai non-appassionati consiglio invece di passare oltre.