giovedì 25 febbraio 2016

Brooklyn - 2015


La mia avventura bloghiana comincia placida e silenziosa con un film che, guarda caso, sta passando quasi inosservato. Eppure è candidato agli Oscar 2016 anche come miglior film, per cui tanto schifo non potrà fare, giusto?
E infatti la risposta è scontata: Brooklyn è davvero un buon film. Non solo; tratta un argomento che mi sta molto a cuore: il doversi trasferire in un paese che non è il tuo, ricominciare tutto da zero, non avere amici, sentirsi soli e in preda a quel dubbio attanagliante di aver fatto la scelta giusta.
Ma andiamo con ordine.

COSA SUCCEDE A BROOKLYN
La storia è ambientata agli inizi degli anni '50. La giovane Eilis Lacey abbandona il suo paese natale, l'Irlanda, per trasferirsi negli Stati Uniti alla ricerca di un futuro. Tanto intelligente quanto riservata, Eilis dapprima fatica a trovare una sua dimensione al di là dell'oceano, e la sua unica consolazione sono le lettere della sorella Rose, rimasta in Irlanda assieme alla madre. Con il passare del tempo, tuttavia, Eilis riesce a vincere la nostalgia e Brooklyn diventa in tutto e per tutto la sua nuova casa. Con un futuro come contabile e un fidanzato che a trovargli un difetto ce ne vuole, la vita di Eilis non potrebbe essere più rosea; purtroppo, un lutto improvviso in famiglia costringe la ragazza a ritornare nel suo paese natale. Molte delle sicurezze che Eilis aveva acquisito negli ultimi mesi sono messe a dura prova: se prima faticava a trovare un lavoro a tempo pieno, ora è il lavoro a trovare lei; se prima nessun ragazzo del posto sembrava essere interessato, ora nientemeno che uno dei migliori partiti della città comincia a farle la corte. Forse anche in Irlanda non si sta così male, in fin dei conti...

Ovviamente, se volete conoscere la decisione finale di Eilis, se restare in Irlanda o tornare a Brooklyn, dovete guardarvi il film (o leggervi la trama su qualche altro sito; di mia regola, non rivelerò MAI un finale sul mio blog).

COMMENTIAMO BROOKLYN
Sono impressioni a caldo, dato che ho terminato di vedere il film soltanto poche ore fa.
Cominciamo dalle rassicurazioni: dal trailer che trasmettevano qui in Lussemburgo, Brooklyn mi dava l'impressione di essere un chick flick stile Autumn in New York. Meno male che era soltanto un'impressione: Brooklyn non è una storia d'amore, è la storia di un essere umano alla ricerca della propria identità.

Cosa mi è rimasto impresso: beh, innanzitutto la caratterizzazione di Eilis Lacey. E' un'eroina atipica, presentata come timida e con un'autostima sotto le scarpe all'inizio della storia.
Da un certo punto di vista, ho faticato a comprendere i suoi struggimenti per il paese appena lasciato. In fondo, Eilis trova sempre la pappa pronta: arriva negli Stati Uniti che ha già un lavoro, non deve imparare una nuova lingua, non deve affannarsi per trovare alloggio, e ha pure i corsi serali all'università per diventare contabile sovvenzionati dalla parrocchia. Rispetto alla stragrande maggioranza degli immigrati Eilis ha la vita facile, non c'è che dire.

Se però mi fermo un secondo e ripenso alla mia esperienza di italiano emigrato all'estero (da parecchi anni ormai), mi rendo conto che i miei primi tempi non erano poi tanto differenti. Avevo un appartamento, un salario decente, non c'era nulla di cui mi dovessi lamentare; eppure mi sentivo costantemente un "pesce fuor d'acqua".
Questo film mi ha fatto ricordare quei primi mesi, dove ogni giorno sembra più difficile di quello precedente, e la tua vita è composta di tanti bassi e pochi alti. Chiamatela "nostalgia", chiamatela "culture-shock" o anche semplicemente "processo di assimilazione", è una fase sotto la quale dobbiamo passare tutti. Finché, piano piano, si inizia a vedere il nuovo paese come la propria "casa".

Tornando a Eilis, un altro aspetto che ho apprezzato in maniera particolare è la sua metamorfosi da ragazza inibita e timorata di Dio a giovane disinvolta e talora anche sfacciata.
Eppure, nonostante la trasformazione Eilis mantiene fino al termine della pellicola una certa insicurezza e ingenuità che la portano a commettere errori facilmente evitabili. Durante l'intero secondo tempo Eilis è letteralmente in balia degli abitanti del piccolo borgo in cui ha fatto ritorno; dov'è finita tutt'a un tratto quella sicurezza acquisita nei mesi precedenti?
Ma in fondo il fascino di questo film sta anche in questo: Eilis non è un'eroina perfetta, è un essere umano. Ogni tanto agisce in maniera sensata, ogni tanto no, nonostante l'esperienza accumulata.

Una piccola nota sui vari personaggi di contorno. Sono tutti caratterizzati al meglio, e nessuno cade vittima di facili stereotipi. In poche battute regalano un universo di voci differenti sempre desiderose di interagire con la protagonista.
Mi rimane un unico dubbio riguardo ai genitori di Tony, il fidanzato di Eilis. Sono entrambi italiani a detta di Tony, eppure quando dialogano con Eilis sfoggiano una delle migliori dizioni di inglese americano mai udite in sala. In un quartiere dove ogni singolo abitante parla con una determinata cadenza, mi è sembrato alquanto strano che questi due immigrati italiani parlassero un americano impeccabile. Che scuole serali avranno mai frequentato?
Come dicevo, è solamente un piccolo appunto, relegato a una scena che non supera i due minuti.

DA OSCAR?
Brooklyn ha ricevuto tre nomination: miglior film, miglior sceneggiatura non originale, miglior attrice protagonista. Se li meriterebbe tutti e tre se non fosse che quest'anno la concorrenza è spietata, con titoli di grande spessore in ciascuna categoria (e The Revenant che si prospetta asso pigliatutto); chissà se Brooklyn riuscirà a portare a casa almeno una statuetta.
Saoirse Ronan, l'attrice che interpreta Eilis, regala sicuramente una performance eccelsa; se qualcuno a Hollywood è in grado di pronunciare il suo nome, ha qualche chance di vincere l'oscar.

La locandina del film fuori dalla sala, in tutto il suo splendore


VOTO
8 pieno. Guardatelo senza remore.

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