giovedì 10 marzo 2016

Colonia - 2015

Dopo aver concluso la saga cinematografica di Harry Potter, la splendida Emma Watson si è dedicata ai progetti più disparati, dalla black comedy al genere biblico. Alcuni film sono stati accolti molto bene, altri... non esattamente. Al momento la sua filmografia post-Hogwarts ricorda un tracciato da montagne russe, tra salite, discese, e magari anche un sacchettino per vomitare a portata di mano.
Il film di oggi, Colonia, si colloca più verso gli alti, sebbene non raggiunga chissà quali vette di eccellenza. E' un thriller tutto europeo, e per il misero budget con cui è stato girato riesce a regalare momenti di genuino intrattenimento.
Al momento in cui scrivo la recensione non ho alcuna data per l'uscita in Italia di questo film: so che una distribuzione italiana esiste, quindi prima o poi uscirà. Se nel frattempo volete conoscere qualcosina in più su questa pellicola, continuate a leggere.

COSA SUCCEDE NELLA COLONIA
Lena è una giovane hostess della Lufthansa, in soggiorno a Santiago del Cile per una settimana nel settembre 1973. Nella capitale si incontra con il fidanzato Daniel, di professione fotografo, il quale ha abbandonato la Germania quattro mesi prima per documentare la difficile situazione cilena nei mesi precedenti il colpo di stato di Pinochet. Daniel è un convinto sostenitore del presidente Allende, nonché della linea di pensiero che la grave crisi economica in cui versa il Cile è dovuta a un intento criminoso degli Stati Uniti di spodestare un presidente scomodo eletto democraticamente.
Quando Pinochet e i suoi uomini mettono in atto il golpe che porta alla caduta del governo, Daniel e Lena vengono arrestati e trascinati allo stadio. Il giovane, nonostante la cittadinanza tedesca, viene additato come simpatizzante di Allende e portato via dai militari.
Lena non si perde d'animo e comincia a raccogliere indizi su dove possa essere stato condotto Daniel. Viene a conoscenza di un luogo remoto a sud della capitale, una rigidissima comunità religiosa chiamata "Colonia Dignidad", gestita da Paul Schäfer, un santone di origini tedesche e collaborazionista del governo Pinochet. A quanto sembra, i simpatizzanti di Allende sono tenuti prigionieri e torturati all'interno della colonia.
Lena decide quindi di entrare a far parte della comunità di Schäfer, nella speranza di ritrovare il suo fidanzato e tornare insieme in Germania.

COMMENTIAMO COLONIA
Meglio tagliare la testa al toro fin da subito: nella didascalia iniziale, Colonia si auto-definisce un film "Based on true events", che si può interpretare un po' come si vuole. Dal mio personale punto di vista, lo ritengo un "liberamente ispirato a vicende realmente accadute". Quindi per me Colonia non vuole essere un film storico, e non deve essere giudicato in quanto tale. Se per voi il realismo storico è una condizione imprescindibile, state alla larga da questa pellicola; se d'altro canto ritenete che un film possa prendersi qualche libertà, allora possiamo dare una breve occhiata a quali sono i punti di forza di Colonia, e anche a quali sono le sue magagne.

Colonia è, alla base, un thriller. Abbiamo due protagonisti coraggiosi e tenaci, un cattivo irredimibile, personaggi di contorno che c'hanno scritto "Io muoio" in fronte, e inseguimenti mozzafiato. Gli ingredienti ci sono, insomma, e sono quelli giusti. Il film dura circa un paio d'ore, e posso assicurare che non c'è un singolo momento morto: la storia prosegue a ritmi serrati, c'è sempre un nuovo segreto da scoprire all'interno della colonia, e l'interesse dello spettatore è mantenuto vivo.

Ci sono due grossi problemi, tuttavia, alla base di questo film. Il primo è che l'intera storia olezza di "già visto centinaia di volte" da parecchi chilometri di distanza. Non c'è nulla in questo film che non sia già stato trattato da altri esponenti del genere, pure con maggiore effetto oserei dire (e tra gli esponenti includo anche serie TV come Prison Break). Non solo, Colonia preferisce giocare molto sul sicuro, al contrario di tanti altri film in cui gli eroi si trovano effettivamente in condizioni psicologicamente stressanti.
Sarà per la necessità di concentrare quattro mesi di vicende in due ore, sarà per l'interpretazione sottotono di Michael Nyqvist nel ruolo del cattivo, fatto sta che non abbiamo mai l'impressione che Daniel e Lena si trovino davvero in pericolo; assistiamo sì a episodi di abusi, sia verbali che fisici, ma sembrano più amichevoli pacche sulle spalle che non truci rappresentazioni di quella ferocia e sadismo che hanno caratterizzato la dittatura di Pinochet.

L'altro grosso problema risiede nel ritmo del film. Come ho accennato qui sopra, il soggiorno forzato di Lena e Daniel all'interno di "Colonia Dignidad" dura all'incirca quattro mesi. La pellicola tenta, in maniera piuttosto maldestra, di condensare questi quattro mesi in poco meno di due ore. In poche parole, ogni scena viene presentata secondo un'identica scaletta: dapprima sullo schermo appare una planimetria della colonia con a fianco il numero di giorni trascorsi da Lena al suo interno; poi assistiamo a una scena di pochi minuti in cui ai buoni succede qualcosa, o nella quale il cattivo si appresta a compiere qualche gesto eticamente discutibile. Tuttavia non vediamo mai le conseguenze di tali azioni, perché è già l'ora della prossima planimetria e della prossima scena.
Lena disobbedisce alla superiora; verrà punita o non verrà punita? Boh, non lo sappiamo.
Ai membri della comunità vengono somministrate ogni giorno delle pillole; quali sono i loro effetti? Boh, possiamo solo immaginarlo.
E via di questo passo.
 
Ironicamente, è il cattivo Paul Schäfer la vittima principale del modo in cui le scene sono costruite. Il personaggio reale era un pedofilo psicopatico in combutta con la dittatura di Pinochet, che per decenni ha avuto totale potere di vita e di morte sui membri della comunità religiosa da lui fondata. Con una personalità del genere ti puoi sbizzarrire a più non posso, se ti chiami Stephen King o Carlo Lucarelli. Se invece sei Florian Gallenberger e hai a disposizione un budget ridotto, devi sacrificare la psicologia di Schäfer a favore della trama. In pratica, a causa del ritmo serrato del film, Paul Schäfer ne esce irrimediabilmente ridimensionato, un leone con la dentiera che non fa paura a nessuno.

Riassumendo il tutto, ho come l'impressione che se invece di un film avessero prodotto una miniserie in sei-otto puntate, il regista avrebbe potuto sviluppare in maniera più soddisfacente la caratterizzazione dei personaggi principali, così come le varie sotto-trame che coinvolgono gli altri membri della comunità.
Così com'è, Colonia è la dimostrazione che si può realizzare un thriller di discreta fattura anche con pochi soldi, e nulla più.

La locandina del film per la distribuzione in Lussemburgo

VOTO
Dal 6 al 7. Non c'è nulla che non funzioni in questo film: è avvincente, mai noioso, esattamente come un thriller deve essere. E' semplicemente tutto troppo prevedibile. Allo stesso tempo, le vicende sono parecchio edulcorate rispetto alla realtà di quanto è avvenuto all'interno di "Colonia Dignidad".
Da cineforum, ma solo se non ci sono altri argomenti di cui parlare.

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